Il fast fashion, l’industria della moda a basso costo che produce migliaia di capi al mese, è una delle più inquinanti al mondo. In risposta all’impatto ecologico e sociale di questa produzione di massa, la Francia sta cercando di adottare una legislazione ambiziosa per regolamentare questo settore, rafforzando le iniziative europee in materia.
Il 14 marzo 2024 l’Assemblea Nazionale ha, infatti, accolto la proposta di Legge n. 2129 che mira a limitare l’impatto ambientale e sociale del fast fashion. Questa legge introduce una definizione giuridica di fast fashion nel Codice dell’Ambiente (Articolo L. 541-10-1), definendolo come «la commercializzazione di collezioni a rinnovo rapido e la produzione massiva di articoli di scarsa durata».
Il progetto di legge Francese si distingue per il suo inserimento nel Codice dell’Ambiente, sottolineando l’importanza della dimensione ecologica della moda e la volontà di ridurre gli impatti ambientali, attraverso la gestione delle risorse naturali e la riduzione dei rifiuti. Il focus della norma è su diversi piani: quali la trasparenza delle catene di approvvigionamento, le “tasse ecologiche” e la regolamentazione della pubblicità.
La trasparenza ambientale: un obbligo per le imprese
Dal 2025, tutte le aziende di moda dovranno indicare l’impatto ambiantale dei loro prodotti, permettendo ai consumatori di fare scelte informate. In caso di mancato rispetto, potranno essere inflitte multe fino a 15.000 euro. Inoltre, sarà introdotto una sorta di “penalità ecologica” sui prodotti del fast fashion, con l’obiettivo di ridurre il consumo di articoli a basso costo, inizialmente fissata a 5€ per prodotto sui beni con il peggior impatto ambientale per arrivare a 10€ per prodotto entro il 2030. I fondi raccolti saranno utilizzati per finanziare un bonus per le aziende del settore tessile che producono articoli ecologici, promuovendo pratiche virtuose e scoraggiando quelle dannose per l’ambiente.
La fine della pubblicità per il fast fashion
Un’altra previsione chiave è il divieto di pubblicità per il fast fashion, incluse quelle realizzate da influencer sui social media. Le aziende che violano questa disposizione rischiano multe fino a 100.000 euro.
Una legislazione europea per sostenere l’iniziativa francese
Questa legge francese si inserisce in un quadro europeo più ampio, ove si colloca la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) da parte del Parlamento Europeo il 15 marzo 2024. Questa Direttiva, infatti, obbliga le imprese a mappare le loro catene di approvvigionamento, rendere pubbliche queste informazioni e fornire un passaporto digitale per ogni prodotto. Proibisce, inoltre, la distruzione dei prodotti invenduti e incoraggia pratiche circolari, come il riciclo. L’UE ha anche adottato misure per limitare l’afflusso di prodotti a basso costo, tra cui l’eliminazione della franchigia di 150 euro sulle importazioni. Con questa modifica, tutti i prodotti, indipendentemente dal loro valore, dovranno ora essere tassati, disincentivando l’arrivo di articoli a basso costo.
Queste iniziative legislative segnano una svolta epocale per l’industria della moda, puntando a rendere la produzione più sostenibile, trasparente e rispettosa dei diritti umani. Sebbene la legge francese debba ancora essere convalidata dal Senato è comunque un passo importantissimo – anche simbolico, se si considera cosa rappresenta nel mondo l’industria della moda francese – verso un diverso bilanciamento tra interessi economici e conservazione del nostro pianeta.
E’ doveroso che anche l’Italia si muova in tal senso e si auspica che quanto sta accadendo in Francia sproni iniziative legislative in tal senso. La moda è una delle più importanti eccellenze italiane e solo tutelandola potrà rimanere tale: la regolamentazione del pericoloso e dilagante fenomeno del fast fashion è, senza dubbio, una misura sempre più necessaria non solo per preservare questa risorsa ma anche la nostra creatività.
Carla Garnier
Avv. Lavinia Savini
