
Dal 1° ottobre 2012 con la revisione della Legge Generale sui Diritti d’Autore (“Chosakuken Ho”, Legge n. 48 del 1970), il Giappone è diventato uno dei paesi in cui le regole antipirateria sono tra le più severe del mondo.
Le risposte del Governo Giapponese alla scalata di downloads illegali hanno seguito la strada di altri Stati Europei – dove all’utente che scarica illegalmente può essere tolta la connessione ad internet –, ma prevedono sanzioni ancora più dure.
La normativa introdotta nel 2012 prevede sanzioni massime pari a 10 milioni di yen (circa €80.000) e fino a dieci anni di reclusione per chi carica in rete senza autorizzazione qualsiasi contenuto protetto da diritto d’autore e fino a due anni di reclusione e multa pari a 2 milioni di yen (circa €20.000) per chi scarica materiale illegale.
Già prima dell’emanazione della Legge comunque l’industria fonografica nipponica aveva svolto una forte campagna di lobbying contro i downloads illegali, anche considerato che il Giappone è il secondo mercato più grande del mondo dopo gli Stati Uniti per il consumo di musica.
Secondo dati di uno studio realizzato, in Giappone si scaricano illegalmente circa 4,36 miliardi di opere audiovisive e 440 milioni legalmente, pertanto il rapporto è circa di 10:1, quando invece in Italia, paese che presenta uno dei tassi di pirateria online più alti del mondo, uno studio recente dimostra che, su 100 indirizzi IP italiani attivi, 77 hanno scaricato musica illegalmente (soltanto tramite BitTorrent).
Le ragioni di questa differenza numerica? Non sono solo certo le aspre sanzioni a comportare un maggiore rispetto della legge; alla base c’è invero una forte diversità culturale e un naturale e spontaneo adeguamento alle regole e alla normativa da parte del Giappone.
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