Il diritto all’oblio, privacy e libertà di stampa

Col termine diritto all’oblio si fa riferimento al giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia che in passato era stata legittimamente pubblicata (Cass.3679/98).

Il diritto all’oblio dunque, vuole tutelare i diritti fondamentali e la privacy dell’individuo rispetto all’interesse pubblico di accedere alla notizia.

Il tema è tornato attuale successivamente alla sentenza emessa dalla Corte di Giustizia Europea del 13 maggio 2014 n. C-EVIDENZA-Google-Garante-privacy131/121, riguardante la vicenda del Sig. Gonzales, cittadino spagnolo, il quale ha ottenuto la rimozione da Google di alcune notizie che associavano il suo nome ad un’asta immobiliare relativa ad un pignoramento per riscossione coattiva di crediti avvenuto 16 anni prima. Di preciso la Corte ha stabilito che Google deve consentire la de- indicizzazione di pagine e contenuti che includono dati personali lesivi della reputazione e dell’immagine della persona, qualora tali informazioni non siano più attuali né di interesse pubblico.

Per quanto concerne l’applicazione del diritto all’oblio in Italia, fino ad oggi, un consolidato orientamento giurisprudenziale – pur avendo più volte statuito a favore della tutela dell’onore e della reputazione della persona e recepito le linee guida espresse dal Garante della Privacy circa le corrette modalità di trattamento dei dati personali (si veda ad esempio il dovere delle testate giornalistiche di predisporre un sistema di archiviazione “idoneo a segnalare la sussistenza di un seguito o di uno sviluppo della notizia e quale esso sia stato” -Sent. 5525/2012-) – considerava Google un mero intermediario, un Host Provider il cui compito era esclusivamente quello di fornire la piattaforma informatica sulla quale gli utenti potevano caricare i loro dati e dei quali, tuttavia, continuavano ad essere gli unici titolari e responsabili.

Pertanto in caso di lesione dei diritti fondamentali della persona, le sanzioni, amministrative e penali previste per il titolare del trattamento dei dati sensibili potevano essere applicate esclusivamente agli utenti, e non ai motori di ricerca (a riguardo si veda Google vs Max Mosley; Google italia vs Vividon e Cass. 5525/2012).

imagesAlla luce del nuovo regime di responsabilità di Google, lo stesso motore di ricerca si è immediatamente adoperato per applicare quanto disposto nella sentenza della Corte di Giustizia Europea, creando un comitato ad hoc “the advisory council to Google on the right to be forgotten” finalizzato a conseguire il giusto bilanciamento tra applicazione del diritto all’oblio e diritto alla libertà di informazione e di stampa. Diversi illustri italiani sono stati chiamati ad esprimere un parere sulla vicenda.

Tra i quesiti sollevati, la maggioranza ha riguardato dubbi sull’aver affidato una tale ingente responsabilità ad un motore di ricerca, che segue logiche di mercato, anziché ad istituzioni pubbliche ufficiali e indipendenti.

Inoltre ci si è domandati se un contenuto de-indicizzato resti tale in ogni caso oppure in presenza di rinnovata attualità della notizia torni a comparire tra i risultati delle ricerche (pensiamo ad esempio a colui che dopo aver scontato la pena commette recidiva).

È stata accolta con entusiasmo una possibile funzione pedagogica-rieducativa del diritto all’oblio che si potrebbe inserire nel quadro della funzione riabilitativa della pena come disciplinato all’articolo 27 comma 3 c.p., favorendo il reinserimento sociale di colui che ha scontato quanto dovuto.

Da ultimo, sono state proposte soluzioni pratiche quali ipotizzare una disposizione legale che consenta una cancellazione temporanea del link, con eventuale ripristino del collegamento qualora l’utente, trascorsi 30 giorni dall’avvenuta de-indicizzazione, non si presenti all’Autorità Giudiziaria o al Garante.

Queste ed ulteriori problematiche dovranno trovare una soluzione idonea a bilanciare gli interessi dei soggetti in questione. L’urgenza indicata dalla mole di richieste pervenute, che non sempre trovano accoglimento da parte del motore di ricerca, insieme all’esortazione del neo commissario Europeo del Mercato Unico Andrus Ansip di utilizzare il diritto all’oblio quale eccezione e non quale regola, ha persuaso le Autorità Europee Garanti della Privacy ad elaborare criteri di giudizio comuni e oggettivi che permettano di gestire (ed eventualmente rivalutare) anche i casi più controversi inizialmente respinti da Google. La questione è in continuo divenire.

Dott.ssa Maria Paola Pinna 

(Articolo originariamente pubblicato su Tuteladigitale.it, il blog di Red Points Solution Srl).

 

 

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